Solidarietà Culturale di UniAuser

In questi giorni, sono tante le persone che, con affetto e simpatia, esprimono la loro vicinanza a UniAuser.

I docenti, che ci stanno inviando pensieri, riflessioni, contenuti da condividere con i loro allievi e con tutti gli iscritti, per alleviare la monotonia e l’angoscia di queste giornate di isolamento forzato. I nostri soci, che hanno espresso il desiderio di poter contare sui consigli di lettura e ascolto dei loro insegnanti, e perpetuare così, anche in remoto, la comunità educante di Uniauser. 

Questa sezione del sito ospita i contenuti che i nostri docenti invieranno, che saranno segnalati e linkati anche attraverso la pagina Facebook di UniAuser. A disposizione di tutti, non solo dei nostri soci.

Grazie per la vostra vicinanza e per l’aiuto e il sostegno in questo esperimento che mantiene vive non solo la dimensione culturale, ma anche quella relazione tra noi che, sebbene virtuale, ci fa sentire più vicini e meno soli.

Di seguito un link che raccoglie tutte le risorse di rete gratuite scaricabili

https://sites.google.com/view/iorestoacasa/

l’Arte al tempo del coronavirus

          

         

05 Salute, Benessere e Invecchiamento Attivo

Luigi Ferranini

Carissime/i, vi mando per ora  materiale , rigorosamente preso dai siti istituzionali, centrato su questi punti:

1.     Informazioni generali e risposte alle domande più frequenti

2.     Consigli per la comunicazione ai bambini

3.     Guida per la gestione dello stress psicologico.

Parto dal credere che vi sia bisogno di informazioni reali e semplici, ma anche di come gestire le emozioni ed i rapporti con i famigliari ( per questo ho scelto i bambini, possibili nipoti).

Nulla quindi di tecnico anche perché ora non navighiamo ancora nelle certezze e molte informazioni si rivelano poi errate.

Un caro saluto.

a) Ufficio per le politiche delle persone con disabilità

b) Massima attenzione ai contagi interfamiliari (Locatelli – CSS)

Gilberto Giaretta

 

Homo Sapiens

I semiologi, Barthes in particolare, ci hanno insegnato l’importanza dello studio del significato profondo delle parole. Nella nostra lingua udire e ascoltare, conoscere e sapere, vedere e guardare non sono sinonimi; anche  ripartire è cosa diversa dal ricominciare. Si riparte dopo una sosta e la strada e la meta sono quelle di prima; si ricomincia quando si capisce invece che la meta è cambiata e che occorrono nuove strade.

Nel momento in cui la nuova pandemia che si profila qui e altrove non è il Coronavirus ma la corsa dissennata verso la Fase Due, vi segnalo quattro storie provate che fanno riflettere sulle capacità razionali e di previsione di Homo Sapiens. Con l’augurio di salvare l’ironia e non ritrovarci in futuro  come il “sesto artigliere”, vi saluto cordialmente

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Gilberto Giaretta

Vi mando dei pensieri che mi hanno fatto compagnia in questi giorni difficili.
Un forte abbraccio

Marzo. Anno Domini

Mariangela Gualtieri,  Nove Marzo Duemilaventi

Questo ti voglio dire

ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.

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01 Archeologia, Architettura e Arte

Giovanna Rotondi Terminiello

La pala della Natività nella Chiesa di San Siro

In giorni nei quali siamo costretti a vivere il periodo di preparazione al Natale in modo nuovo, polarizzare l’attenzione su una pala d’altare raffigurante la Natività (fig. 1) può essere fonte di appagamento visivo e mentale trattandosi di un soggetto  di attualità e di  un bel dipinto noto a pochi  ma di notevole rilevanza, dal punto di vista tanto artistico quanto storico, nel panorama del rinnovamento avvenuto a Genova nel campo della pittura, tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, grazie alla presenza in città di artisti “forestieri”.

La grande tela orna all’interno della basilica di San Siro, nella via omonima, l’altare della cappella Lomellini (fig. 2) ubicata a sinistra del transetto. Il suo autore è Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio. Un nome pressoché sconosciuto ai non addetti ai lavori da cui una domanda: chi era e da dove veniva questo pittore?

Scopriamolo insieme.

Siamo nell’anno 1606: dal 3 al 6 agosto sosta nella nostra città una comitiva di personaggi che, al seguito del marchese Vincenzo Giustiniani, sta per concludere un viaggio iniziato il 1° aprile ad Ancona e conclusosi il 14 agosto a Roma. Il viaggio era stato impegnativo per distanza e durata. Attraversate lungo il versante adriatico le regioni a nord delle Marche, toccata Venezia, superate le Alpi e percorsa da ponente a levante l’Europa centrale, il gruppo aveva raggiunto  la meta prefissata, Londra.

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Giovanna Rotondi Terminiello

Un incontro 

Quella che racconto è una storia vera  alimentata in me da una serie di ricordi personali risalenti  agli anni di lavoro presso la Soprintendenza per i beni artistici e storici della Liguria e dal 1996, dopo il pensionamento, ai decenni successivi. 

Dalla memoria i ricordi affiorano dando vita, nella mia mente, ad una sorta di immaginaria rappresentazione teatrale articolata in tre atti e scena finale, autonomi l’uno dall’altro per luogo, tempo e azione. Il filo conduttore ideale dell’intera vicenda è in ogni caso lo stesso, cioè un incondizionato amore per l’Arte alla quale protagonisti e comparse si dedicano a tempo pieno con un’attività  di natura per alcuni operativa (restauratori, storici dell’arte, addetti alla tutela e alla conservazione dei beni culturali…), per altri creativa. 

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Giovanna Rotondi Terminiello

Lo stare in casa coatto mi permette di utilizzare il tempo anche per togliermi qualche curiosità. Tra queste, l’identificazione del grande quadro che, nelle conferenze stampa di questi giorni, compare alle spalle del presidente Conte mentre parla (allego un’immagine). Si tratta di una fedele copia cinquecentesca di un affresco di Raffaello nella stanza della Segnatura in Vaticano raffigurante Papa Leone Magno che ferma l’invasione di Roma da parte degli Unni comandati da Attila ( soprannominato “il flagello di Dio”). Sicuramente l’immagine è stata scelta per omaggio a Raffaello ma anche e soprattutto  per il significato  simbolico che in questo momento assume: Il governo, con le sue severe prescrizioni, come fece allora il papa con Attila, fermerà il flagello del Coronavirus…salvando, insieme all’Italia, tutti noi! Speriamolo davvero!

Con i miei saluti più affettuosi e l’augurio di buona clausura!
Una forte stretta di mano (a distanza si può)

Abbiamo ricevuto questa domanda da parte di un nostro Associato: ” cosa sono, e se hanno un qualche significato specifico, quelle due stelle a punte che sormontano la struttura lignea che fa da base al quadro? 
 
La risposta di Giovanna Rotondi Terminiello:
 
ll mobile sottostante al quadro copia da Raffaello presenta ai  lati i simboli araldici della famiglia Chigi, fino a un centinaio di  anni fa  proprietaria del palazzo che ospita oggi la Presidenza del consiglio dei Ministri (e quindi allo stato attuale Giuseppe Conte). L’immagine consiste in un cosiddetto “monte all’italiana” (sei cilindri coperti da calotte che si sovrappongono in posizione sfasata) sormontate da una stella a otto punte (quella in basso funge da raccordo al monte). Si tratta quindi di un mobile “storico”, composito e non particolarmente antico ( lo daterei al primo Novecento), che ricorda la storia del palazzo  (appartenuto ad una delle famiglie più “in” di Roma che nel secondo Seicento diede alla chiesa un grande pontefice, Alessandro VII, il papa che fece costruire al Bernini il colonnato di San Pietro!). 

 

 

Carla Costanzi

Vi segnaliamo il link di Finestre sull’Arte, rivista online di Arte antica e contemporanea, iscrivendosi alla newsletter potrete rimanere aggiornati su tutti gli eventi

https://www.finestresullarte.info

 

02 Letteratura, Cinema, Musica e Teatro

Massimiliano Damerini

“…Ci tenevo a segnalare a Uniauser, e soprattutto agli iscritti al corso di musica, due uscite di registrazioni mie, che si possono reperire e scaricare direttamente on line (oggi perfino il cd è diventato ormai un oggetto obsoleto). 

Mi ero riproposto di parlarne all’avvio dei nostri incontri, ma può essere una buona idea farlo adesso, soprattutto perché gli appassionati, essendo obbligati a rimanere a casa, possono ascoltare un po’ di buona musica, allontanando per qualche ora eventuali pensieri sgradevoli…
Si tratta di due album: il primo volume dell’integrale delle Sonate di Beethoven (che, se non subentreranno complicazioni, dovrebbe terminare con l’ottava uscita fra un paio di anni), e la registrazione del mio ultimo concerto al Carlo Felice per la GOG dello scorso novembre.
Questo concerto si intitola “Atmosfere viennesi (Wiener Atmosphäre)” perché basato su quattro sonate tutte composte a Vienna.

Ecco i link dove si possono ascoltare e scaricare:

https://fanlink.to/BeethovenCompletePianoSonatas1

https://fanlink.to/WienerAtmosphare

Beethoven, che avrei trattato quest’anno, è presente con 5 Sonate: nel I volume
dell’integrale con le sue prime 4 Sonate, e nel recital della GOG con la Sonata
op.90.
Se tutto va nel verso giusto, a giugno uscirà il II volume, nel quale sarà inserita la Sonata op.13 “Patetica” di cui avrei parlato nella prima lezione.

Un grande abbraccio a tutti gli amici di Uniauser, sarà dura ma ce la faremo!”

03 Storia e Filosofia

Giustina Olgiati

Care amiche, cari amici di Uniauser, mentre il 2020 volge al termine, sentiamo ripetere da ogni parte che questo che sta arrivando sarà il Natale più strano, perché non ci sarà permesso di festeggiarlo con amici e parenti. Bene, non è vero. Nel 1684, l’anno del grande bombardamento di Genova da parte di Luigi XIV, si fece esattamente lo stesso: furono proibite perfino le tradizionali visite di auguri al doge e ai componenti delle varie magistrature, dando disposizione che a questo si attenessero anche i privati. 

Figura 1

1684, 13 dicembre

Si delibera che per quest’anno non si ricevano ufficii di buone feste nel prossimo Natale a Palazzo, e che di questa deliberatione se ne dia notizia al Minor Consiglio essortando la cittadinanza a prenderne le loro misure anche rispetto a simili ufficii fra privati et magnifici segretarii, Cancellieri et altri ministri o magistrati si astengano parimente dal passar simili ufficii per quest’anno. Per serenissima Collegia ad calculos.

Mugugni? Assolutamente no, anzi, il contrario! Il provvedimento venne riproposto successivamente e, nel 1688, ne venne richiesta una nuova applicazione con uno dei “biglietti di calice”, i suggerimenti anonimi che venivano lasciati al Governo dai componenti dei Consigli: 

Signori serenissimi,   

fu da tutta città lodato il decreto fatto da VV.Serenissime di non dar le buone feste l’anno passato, così hora si rappresenta a VV.Serenissime l’ordinare l’istesso, essendo un mero invesendo disturbo ad ogni sorte di persona e mera adulatione e inquietudine di non prepararsi bene a ricevere Nostro Signore ne le feste.

I genovesi – sempre un po’ stundai – preferivano quindi godersi in santa pace le feste natalizie, senza tutto l’invexendo provocati dalla necessità di presentare (o subire) troppe visite di auguri. 

Nella Genova antica le feste natalizie erano essenzialmente religiose, estranee al consumismo che le caratterizza oggi. Il governo compiva poche e mirate azioni di carità, mitigando le pene corporali inflitte ai condannati e concedendo ai carcerati della Malapaga, i debitori insolventi, quelle licenze di uscita che spesso rappresentavano occasioni di fuga, contribuendo a ridurre l’affollamento del carcere. 

Esisteva già allora il problema delle ferie: nel 1506 a chiederle è addirittura il podestà, Obertino de Soleri, che desidera «andare a casa e rivedere i suoi cari e celebrare con loro la festività del Natale». 

Figura 2

Il problema non era cosa da poco, perché il podestà era il magistrato incaricato dell’amministrazione della giustizia e doveva essere uno straniero, di nascita non genovese. La sua assenza sarebbe quindi durata per giorni, in un periodo nel quale reati e delitti non sarebbero certo mancati. Per accordare la licenza richiesta, a titolo straordinario, il Senato decise di nominare come suo luogotenente il giudice del malefici, Giovanni Martino Antina, che avebbe esercitato l’incarico fino al ritorno di Obertino. Un modo creativo di risolvere il problema.

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Giustina Olgiati

L’Archivio di Stato di Genova presenta il percorso virtuale

Anno del Signore 1458: la peste a Genova

Un breve percorso tra i documenti dell’Archivio di Stato di Genova riporta l’attenzione sulla peste che colpì la città nel 1458, evento tanto diverso dall’attuale emergenza sanitaria da aver con essa davvero poco in comune in termini scientifici e storici, eppure affrontato dai genovesi di allora, come da noi oggi, con timore, dubbio e grande coraggio, nella speranza di un avvenire migliore.

Il percorso è disponibile sul sito web istituzionale alla pagina

http://www.asgenova.beniculturali.it

Giustina Olgiati

L’affresco che Domenico Fiasella realizzò nel 1626 nella parete sopra lo scalone sinistro di Palazzo Ducale simboleggia il pericolo scampato dalla Repubblica di Genova nello scontro con il duca di Savoia nel 1625. Il bozzetto dell’opera è conservato presso l’Archivio di Stato di Genova. In questo momento così particolare, lo abbiamo scelto per rivolgere a tutti voi i nostri auguri più sinceri.

Il Covid-19 ha colpito tutta la società italiana, anche il mondo della cultura. Abbiamo dovuto annullare conferenze, mostre, visite guidate. Non sappiamo quando potremo riaprire l’Archivio e con quali limitazioni. Il nostro pensiero, in particolare, va a tutti gli studiosi, i ricercatori e i restauratori che non possono continuare la loro attività e che non hanno, come noi, il posto fisso. Sono loro a conoscere le maggiori difficoltà, e a loro va il nostro più affettuoso abbraccio. 

Andrà tutto bene, restate a casa. Nell’attesa che l’emergenza finisca stiamo lavorando per voi, per parlare di cultura anche attraverso la rete, nell’attesa di tornare a farlo di persona.

L’Archivio di Stato di Genova porge a tutti voi i più cari e sinceri auguri di Buona Pasqua. 

1626, gennaio 27, Genova

Domenico Fiasella 

Bozzetto dell’affresco di Palazzo Ducale con la Vergine e i Santi Giovanni Battista, Giorgio e Bernardo di Chiaravalle che intercedono presso la Trinità per salvezza della città di Genova 

Disegno a matita, penna, acquerello e biacca su carta, mm 533 x 398

AS Ge, Camera della Repubblica, 175, Atti, doc. 165

Giustina Olgiati

Autocertificazioni e salvacondotti

Dopo tutto il parlare che si è fatto sulle autocertificazioni e sulle limitazioni alle libertà personali determinate dall’epidemia di Covid 19, ho ripensato a situazioni analoghe che si sono prodotte nel passato, da quello più remoto al più recente.

In epoca medievale per muoversi da uno Stato all’altro era necessario munirsi di un salvacondotto, che veniva rilasciato dallo Stato ospite e doveva essere sempre portato con sé. Un esempio tratto dall’Archivio di Stato di Genova, Archivio Segreto, Litterarum 1786, c. 334r.:

1441, gennaio 18, Genova

Tommaso Campofregoso, doge di Genova, e il Consiglio degli Anziani. Allo scopo di avere grande abbondanza di vettovaglie nella città di Genova, con l’autorità di questa lettera diamo pieno, sicuro e generale salvacondotto di durata e valore per i prossimi 4 mesi a Giovanni Ochino e Antonio Beriame di Nizza e ai frumenti, formaggi, carni salate e ogni altra merce, denaro, cose e beni di proprietà loro e di ciascuno di loro, perché possano venire nella città e nel distretto di Genova, insieme o separatamente, e qui fermarsi, dimorare, abitare, commerciare, e di qui

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Giustina Olgiati

Dante e i miseri

E’ un luogo comune dirlo, ma è vero che la vita riserva continue sorprese. Non parlo della situazione attuale, che si può solo definire straordinaria, ma di quello che può capitare ogni giorno, in special modo dopo aver superato la boa dei 50 anni. Ecco che, abituati alle risposte usuali del nostro fisico – e della nostra mente – a sforzi e fatiche, all’improvviso ci accorgiamo di non avere più la resistenza del giorno prima e scopriamo che la cosa non passa, anche se ci concediamo un po’ di riposo. Inizia così la transumanza da un medico all’altro e da un esame a quello successivo, e ci si può ritrovare, come è successo a me alcuni mesi or sono, in quella specie di polmone d’acciaio che è il macchinario della risonanza magnetica. 

Non posso dire di averlo trovato spaventoso, forse anche perché ne ero incuriosita. Mi hanno fatto sdraiare supina, imbrigliato la testa in modo da tenerla ferma e infilato delle cuffie alle orecchie per proteggerle dal rumore, poi mi hanno spinto nel tubo. Temevo una crisi di claustrofobia, che però non è venuta, anche perché l’ambiente era illuminato: malgrado il rumore, forte nonostante le cuffie, il vero problema era la noia. Così, senza accorgermene, ho cominciato a recitare nella mia mente alcuni versi di Dante. 

 

«Per me si va ne la città dolente,

per me si va ne l’etterno dolore,

per me si va tra la perduta gente.    

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Giustina Olgiati

In ricordo di Anne, di Etty e di troppi altri

La Settimana Santa, che cade in questi giorni in cui si parla solo di coronavirus, mi riporta alla mente la Passione di Cristo come simbolo delle sofferenze del genere umano. L’ho compreso appieno nel 2017, durante gli ultimi giorni di vita di Rina, la mia piccola, devota, affettuosissima suocera. Lei, che nella vita ne aveva passate tante, apparteneva a quella generazione che attribuiva ogni tipo di dolore alla volontà del Signore. Forse per questo le sue telefonate, anche nelle giornate più brutte, si concludevano invariabilmente con la frase ottimistica “Mah, speriamo tutto bene”. La sua lunga agonia, durata per tutta la Settimana Santa, è finita il 17 aprile, lunedì dell’Angelo. Da allora mi è impossibile pensare alle stazioni della Via Crucis senza ricordare il suo viso. 

Forse quest’anno, nell’impossibilità di programmare vacanze fuori porta e pranzi con i parenti, qualcuno si soffermerà sul vero significato della Pasqua, come sacrificio necessario per la salvezza e la rigenerazione dell’Umanità. Personalmente, non riesco a disgiungere la grandezza del Disegno divino dalla sua realizzazione per mezzo dell’uomo – della parte peggiore degli uomini. Le tappe della Via Crucis sono la chiara ed evidente espressione della capacità degli uomini di accanirsi su altri uomini. E, per alcuni, della capacità di lavarsene le mani. E’ quella che, con felice intuizione e in riferimento a un diverso Olocausto, è stata definita “La banalità del male” . Che potrebbe essere fermata – e purtroppo lo è solo in rare occasioni – se ad essa si opponesse “La banalità del bene”, la forza della maggioranza silenziosa.  

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04 Disegno, Pittura, Fotografia, Scrittura Creativa e nuovi linguaggi artistici

Enrica Carpaneto

Lieta di contribuire a questa bella iniziativa, vi inoltro qualcosa da leggere.

La linea, il segno, il simbolo


Guido Novali

Per contribuire a questa bella iniziativa di UniAuser invio un pensiero relativo ad una foto divenuta famosa in questi giorni, scattata dalla Dott.ssa Francesca Mangiatordi.

La Fotografia è arte, documento, informazione, denuncia, passione e pensiero. Ha la capacità con una sola immagine di raccontare storie piccole e grandi e di renderle eterne.

Ecco un’immagine recente, esempio del valore della fotografia e della sua forza comunicativa ed evocativa:

Come una “foto di guerra”, perché in realtà è una foto di guerra, racconta più di quanto potrebbero fare  mille parole non solo la lotta eroica di questi giorni terribili ma anche di quanto coraggio e spirito di sacrificio sono capaci le migliori persone. Resterà per sempre, “Infinito Istante”, testimonianza storica di quello che il nostro amato paese sta vivendo.  

Uno scatto perfetto, che emoziona l’animo e racconta una grande storia umana.

08 Ecologia, Sviluppo  Sostenibile  e Conoscenza del Territorio

Antida Gazzola

Pubblicato in “La ballata. Rivista d’arte e cultura”, 3-4, 2018, pag.25

Beata solitudo sola beatitudo

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A Venezia, nel chiostro del convento dei francescani sull’isoletta di San Francesco del Deserto, è ancora leggibile la scritta “Beata solitudo sola beatitudo”, motto di origine controversa, attribuito a grandi pensatori dell’antichità come Seneca. In realtà la sua prima comparsa documentata si trova nell’opera di Cornelis Musius, olandese, considerato un martire cattolico perché fu ucciso dai protestanti alla fine del 1500 durante la “guerra degli ottant’anni” tra le Province Unite (che diventeranno più tardi i Paesi Bassi) e la Spagna che ne aveva il dominio e che cercava di estirparne il protestantesimo – rapidamente diffusosi in quelle regioni – non solo perché era considerato eretico, ma anche perché metteva in dubbio l’autorità della chiesa di Roma su cui si fondava tutto il sistema sociopolitico delle grandi monarchie assolute come quella spagnola.

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Antida Gazzola

Pubblicato in “La ballata. Rivista d’arte e cultura”, 3-4, 2012 pag. 25

Passo tra i passi

Alla fine di questa frase, comincerà la pioggia.
All’orlo della pioggia, una vela.
Lenta la vela perderà di vista le isole;
in una foschia se ne andrà la fede nei porti
di un’intera razza.
La guerra dei dieci anni è finita.
La chioma di Elena, una nuvola grigia.
Troia, un bianco accumulo di cenere
vicino al gocciolare del mare.
Il gocciolio si tende come una corda d’arpa.
Un uomo con gli occhi annuvolati raccoglie la pioggia
e pizzica il primo verso dell’Odissea.

Derek Walcott, Arcipelaghi, 1984

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Antida Gazzola

Pubblicato in La Ballata. Rivista d’arte e cultura, 1, 2005, pag. 25

Le mie case

È quella che ritorna nei sogni che muoiono all’alba. La prima. L’archetipo di tutte le case. È il luogo in cui sono giunta, neonata, in braccio a mio padre, appena scesa dal civico ospedale collocato appena qualche centinaio di metri più a monte. Nella mia mente l’immagine si sdoppia. C’è il ricordo di un edificio che mi pareva strano, rispetto a quelli vicini – semplici alloggi di quella che, molto prima che io venissi al mondo, era stata la periferia a levante della città – e a cui si accedeva o da una strada veicolare molto ripida che pochi percorrevano, o da una infinita teoria di scale esterne che si arrampicavano sulla collina.

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Antida Gazzola

Pubblicato in La Ballata. Rivista d’arte e cultura, 1, 2011, pag. 27

Rue Gabrielle

…je me suis réveillé ce matin
pour la rose d‘un jardin
un coeur humain
encore humain
à l’appel de nos noms on revient
comme on revient
et pourquoi
juste pour connaître la fin…
Raphaël, La route de nuit, 2005

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Antida Gazzola

Pubblicato in La Ballata. Rivista d’arte e cultura, 2/3, 2015, pag. 25

Sulle sponde dell’Île d’Orléans

Avevano ragione gli indiani algonchini che la chiamavano “Ouindigo”, luogo fatato. Questa isola
lunga 34 km e larga 8, soavemente ormeggiata nel mezzo del fiume Saint Laurent come un
gigantesco battello, sembra essere il prodotto di molteplici sortilegi. Quando la scoprì, nel 1535,
Jacques Cartier la chiamò, in un primo momento, “l’isola di Bacco” perché fu colpito dalle viti
selvatiche che la coprivano, fatto non banale se si considera la regione fredda in cui si trova, in
mezzo a un corso d’acqua che gela in gran parte per lunghi mesi. Più tardi lo stesso Cartier le diede
l’attuale denominazione in onore del duca d’Orléans, figlio del re di Francia Francois I.

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Antida Gazzola

Pubblicato in La Ballata. Rivista d’arte e cultura. 1, 2014, pag. 25

Il Louvre- Lens

Avec un ciel si bas qu´un canal s´est perdu
Avec un ciel si bas qu´il fait l´humilité
Avec un ciel si gris qu´un canal s´est pendu
Avec un ciel si gris qu´il faut lui pardonner
Avec le vent du nord qui vient s´écarteler
Avec le vent du nord écoutez-le craquer
Le plat pays qui est le mien.
Jacques Brel, Le plat pays

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Per approfondimenti: www.louvrelens.fr

Antida Gazzola

Da quasi vent’anni affianco alla mia attività di sociologa urbana in campo scientifico quella di collaboratrice della rivista di arte e cultura “La ballata”. La mia rubrica si chiama Walking about. Il titolo evoca percorsi e viaggi in luoghi più o meno lontani. I testi descrivono edifici, città, territori e le sensazioni, le memorie, le riflessioni da essi suscitate.

 

Pubblicato in La Ballata. Rivista d’arte e cultura, 2, 2007, pag. 27

Per antiche scale

Una pioggia leggera lacrima dolcemente su Finalborgo, luogo incantato al centro della riviera ligure
di ponente. Da Final Marina, sulla costa, si entra per un paio di chilometri all’interno, per una via
con marciapiedi ben lastricati e costeggiata da edifici dignitosi.

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Sito del Museo Archeologico su cui si possono trovare vari approfondimenti: www.museoarcheofinale.it.

09 Scienze Sociali, Politiche e della Comunicazione

Luca Raffini

La crisi, prima e dopo la pandemia Covid-19

La pandemia Covid-19 è un evento inaspettato, che ha cambiato profondamente la nostra vita quotidiana, e che avrà impatti sul futuro. Cosa avverrà dipenderà in primo luogo da noi, dalla nostra capacità di reagire, ma ancor prima dalla nostra capacità di capire cosa la pandemia ci dice su ciò che siamo stati fino ad oggi e cosa vogliamo essere da domani. Di riflettere su cosa è entrato in crisi oggi e su cosa era già in crisi, e la pandemia ci evidenzia in modo drammatico. 
Una cosa è certa. Concentrandoci sull’Europa e l’occidente, al di là del suo aspetto sanitario, la pandemia ha toccato i nervi scoperti del nostro modello sociale, economico, politico e culturale. 

Ci interroga sui nostri modelli produttivi e di consumo, sulla loro sostenibilità e sulla vulnerabilità che producono. Sull’equilibrio tra libertà, uguaglianza e giustizia, tra diritti e responsabilità, tra interesse privato e interesse collettivo. 

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CARI amici di Uniauser, 
Se volete scrivermi questa è la mia mail: luca.raffini@unige.it
Sono benvenuti riflessioni e domande a cui risponderò volentieri,
un caro saluto
LUCA Raffini

10 Diritto, Economia e Welfare

Marco Doria

Genova è un luogo particolarmente adatto per ricordare la Liberazione e la Repubblica; la nostra città, medaglia d’oro della Resistenza, seppe liberarsi da sola dal giogo nazifascista. È noto che quando le truppe alleate entrarono finalmente in città, non dovettero liberarla, ma la trovarono già tornata alla normalità della pace, con le linee di trasporto pubblico funzionanti.

Ma ricordare la Liberazione non significa soltanto richiamare un passato glorioso, quando i ragazzi e le ragazze di allora opposero il loro coraggio e il loro desiderio di libertà alla crudele occupazione nazista e agli ultimi tragici sussulti della dittatura fascista. E vinsero, dimostrando che se un popolo vuole veramente la libertà e lotta per realizzarla, nessun regime, per quanto oppressivo, è in grado di negargliela.

Uniauser Genova, attraverso un bellissimo intervento di Marco Doria (che trovate sul nostro sito attivando il link ……. ), vuole celebrare il 25 aprile per  proiettare nel presente e nel futuro i valori della Liberazione per i quali le generazioni che ci hanno preceduto seppero combattere e morire.

Ringrazio Marco per la sua grande disponibilità e auguro a Voi tutti un Buon 25 aprile

Michele Cozza  (Presidente Uniauser Genova)