“Ferrovie del Messico” di Gian Marco Griffi
Recensione di Giuseppina Filippi
Il romanzo che non ti aspetti! Un autore a me sconosciuto, un titolo nemmeno molto accattivante, una mole consistente, un formato poco comodo. L’incipit: Asti , 1944. Un giovane repubblichino della Guardia Nazionale riceve un ordine incomprensibile, quello di tracciare una mappa dettagliata delle ferrovie messicane. Nemmeno la trama sembra intrigante…niente famiglie disfunzionali, rapporti conflittuali, infanzie problematiche… E invece! Da qui si parte per un viaggio lungo 800 pagine, che è un incredibile profluvio di personaggi e racconti che catturano con il loro ritmo incalzante. Una storia fatta di storie che si susseguono con numerosi e continui salti spazio-temporali, impossibile da riassumere. Una storia ironica e divertente, ma anche lirica e commovente, realistica ma anche fantastica. Una storia che cambia spesso stile e registro linguistico (dall’italiano letterario a improbabili dialetti) senza mai venir meno alla qualità della scrittura.
Punto di forza sono sicuramente i personaggi, a partire dallo sfortunato protagonista con un compito tanto assurdo quanto improbo, accompagnato dal suo doloroso mal di denti, che finirà solo quando, dopo 700 pagine, riuscirà a compiere un gesto biasimevole ma liberatorio. E poi il cartografo samoano, il poeta frenatore, i clienti di un night club, la curandera, gli addetti cimiteriali e tanti tanti altri. Tutti funzionali a una narrazione corale che in fondo racconta la stupidità della guerra.
Romanzo-fiume (non a caso figlio del lockdown), forse non è un capolavoro ( a tratti una sfrenata e un po’ troppo compiaciuta immaginazione sembra prendere la mano all’autore), è però certamente uno dei romanzi italiani più sorprendenti e godibili degli ultimi anni.