BAO Publishing 2021
Autore: Zerocalcare
“Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia”
Recensione di Alberto Ariccio
Zerocalcare riunisce in questo Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia, cinque racconti in parte già pubblicati (solo l’ultimo è inedito).
I primi tre hanno il taglio del giornalismo d’inchiesta e di denuncia. L’ autore intervista testimoni, dà la parola ai protagonisti che descrivono eventi di cronaca poco conosciuti o apparentemente marginali, spesso sottaciuti o liquidati in poche righe dai giornali. Ne emerge un quadro inquietante sulla drammaticità di situazioni come le rivolte nelle carceri italiane durante il lockdown, le carenze strutturali della sanità territoriale italiana, la guerra nel Curdistan iracheno. Temi che Zerocalcare affronta con apparente leggerezza, quasi con ingenuità, ma che proprio per questo contrasto mostrano il loro aspetto più crudo e inquietante, che destabilizza le nostre fragili convinzioni sulla giustizia, la solidarietà, la pace.
La narrazione viene affidata prevalentemente al testo, spesso nella forma dell’intervista, mentre ai disegni è affidato la descrizione di ciò che le parole da sole non riescono ad esprimere: la violenza della repressione, il senso di abbandono di interi quartieri, la follia della guerra.
Gli altri due, invece, hanno un carattere più personale, privato, quasi intimista.
Zerocalcare si confessa. Mette a nudo i suoi pensieri, le sue ossessioni, quelle che lui stesso definisce le sue paturnie. Soprattutto nell’ultimo prova e descrivere i tormenti e le indecisioni che lo hanno accompagnato nella realizzazione della serie Netflix “Strappare lungo i bordi”.
E qui dà il meglio di sé. Inventa un percorso iniziatico, una discesa agli inferi, in cui, come in una moderna Odissea, dubbi, paure ed incertezze che potrebbero impedire la realizzazione del progetto si trasformano in altrettanti mostri da sconfiggere. Mostri contemporanei che l’autore identifica e descrive con puntigliosa attenzione: la protervia o sindrome del Faccio tutto io, il
lavoro collettivo, la censura o le ingerenze esterne, la purezza politica e la paura di fallire.
Superare le proprie paure e soprattutto mantenere l’originalità della propria ispirazione creativa, senza cedere troppo ai condizionamenti esterni del “mercato”, sembrano gli obiettivi principali della narrazione, ma su tutto aleggia quel senso di inadeguatezza esistenziale, di continua, eterna adolescenza irrisolta, che sono i temi ricorrenti dei suoi fumetti e dei suoi cartoni animati.
Testo e grafica in questo caso si commentano e si integrano a vicenda. Talvolta il disegno invade e oscura la pagina con immagini inquietanti, quasi spaventose, altre volte i fumetti dilagano e circondano il volto dell’io narrante che disquisisce, analizza, afferma, nega in un vortice apparentemente incontrollato di parole.
Ma al di là della prolissità, della ripetizione, della ridondanza, un pensiero, un’idea, sembra man mano farsi luce. Fino all’apparente, forse ancora un po’ incerta, consapevolezza della scelta finale. Forse proprio questo è il suo fascino. Le sue insicurezze quasi infantili, il suo senso di inadeguatezza adolescenziale, il suo continuo porsi domande e le tante risposte, spesso contraddittorie, rispecchiano in fondo anche le nostre domande, le nostre contraddizioni. Che scopriamo, con stupore e forse un po’ di imbarazzo, sopravvivere ben oltre l’infanzia e l’adolescenza, ed accompagnarci come amici fedeli o mostri terrificanti per tutta la vita.
Il linguaggio è colloquiale, ricco di espressioni dialettali, una sorta di slang da periferia romana, non sempre immediatamente intellegibile, ma adeguato al contesto e segno di un profondo radicamento al territorio e di attenzione ai suoi abitanti.
Una visione apparentemente localista che non gli impedisce di alzare lo sguardo sui grandi temi del mondo e sulle sue eterne e nuove contraddizioni. In un mondo sempre più complesso, dai contorni sfumati, privo di riferimenti precisi, Zerocalcare diventa così un nostro compagno di viaggio, rassicurante quando prevalgono i dubbi, ironico quando ci abbandoniamo alle facili certezze, complice quando siamo sommersi dai sensi di colpa, ingenuo quando la realtà sembra prendere il sopravvento, ma, soprattutto, profondamente onesto e sincero quando, guardandoci attorno, non sappiamo più a chi credere.
Insomma più di un compagno di viaggio. Un vero amico!