Rizzoli 2021
Autrice: Michela Marzano
“Stirpe e vergogna”
Scheda di lettura di Bruna Di Stefano
Scheda di lettura di Giuseppina Filippi
Scheda di lettura di Daniela Sciarri
Scheda di lettura di Daniela Sciarri
Scheda di lettura di Daniela Sciarri
Scheda di lettura di Daniela Sciarri
Scheda di valutazione di Daniela Sciarri
Scheda di lettura di Anna Morielli
Scheda di valutazione di Anna Morielli
Scheda di lettura di Giuseppina Filippi
Recensione di Anna Morielli
Cosa succede in Italia quando qualcuno scopre che un suo antenato è stato fascista e fin dall’inizio ha aderito al regime?
Solitamente nulla.
Quando questo succede, invece, a Michela Marzano la prima reazione è l’incredulità e la vergogna: filosofa, docente alla Sorbona, deputata progressista, da lungo tempo impegnata per il riconoscimento e la tutela dei diritti civili, ha sempre ritenuto di stare con la sua famiglia dalla parte giusta e creduto che “i fascisti fossero gli altri”.
Così inizia il romanzo “Stirpe e vergogna”, pubblicato nell’ottobre 2021 e scritto dall’autrice durante il lockdown.
La Marzano, fortemente convinta che la rimozione del passato generi mostri e che una coscienza civile possa nascere solo dalla memoria, si dedica ad una complessa e puntigliosa ricostruzione storiografica dell’adesione del nonno Arturo al fascismo, della sua partecipazione alla marcia su Roma, del suo estremo rigore nel ruolo di magistrato nel giudicare chi si era macchiato di colpe verso il regime.
Il libro alterna, anche nel medesimo capitolo, la ricostruzione della vita pubblica e privata del nonno Arturo e di altri membri della sua famiglia, dagli anni ’20 all’inizio degli anni ’60, a riflessioni ed episodi attuali della vita dell’autrice, in un continuo passaggio dalla biografia all’autobiografia, senza salti logici, ma nella più assoluta coerenza narrativa.
La storia, di per sè interessante anche per la presenza nel corpo del testo di molteplici documenti storici, è sorretta da una prosa colta ma piacevole.
Solo verso la fine la biografia scivola negli aspetti più privati e intimi della vita del nonno; scelta, questa, che lascia abbastanza perplessi.
Libro comunque da leggere, che richiama le nostre coscienze a porsi sempre interrogativi e a non far cadere nell’oblio un passato ancora vicino.
“Quando non lo si rielabora, il passato ci agisce. Se non si decide di farci i conti, lo si tramanda di generazione in generazione. Quando ci si illude di averlo rimosso, riaffiora. E prima o poi c’è chi, il conto, deve pagarlo”.
Recensione di Giuseppina Filippi
La memoria è il filo conduttore di questo libro. La scoperta del quinto nome del padre , Benito, spinge l’autrice ad interrogarsi su eventi familiari di cui nulla sa e che nessuno ha voglia di rinvangare. Si mette sulle tracce del nonno, che scopre essere stato un fascista della prima ora. E’ quindi tutto il proprio passato ad essere rimesso in discussione, da lei che credeva di provenire dalla “parte giusta”.
La ricerca diventa anche un pretesto per interrogarsi sul proprio vissuto, a partire dal rapporto conflittuale col padre, per il quale si è sempre sentita “invisibile”. Lui è in fondo il vero protagonista della storia. A lui vengono rivolte le numerose insistite domande. Fare i conti significa anche mettere a nudo le proprie fragilità, come la Marzano fa, senza sconti. Sullo sfondo, tutta la storia d’Italia dalla I g.m. ad oggi.
Troppi temi per tenere tutto sotto controllo, e infatti spesso la narrazione si sfilaccia, talvolta diventando simile a una seduta psicanalitica.
Certo c’è la vergogna (immotivata , viene da pensare) per un passato non “immacolato”. Ma c’è soprattutto una ferita ancora aperta: “Volevo che papà mi vedesse, mi ascoltasse, fosse fiero di me, me lo dicesse: Sono fiero di te”.
L’irrisolto che ancora fa male.