Guanda 2021
Autore: Marco Vichi
“La casa di tolleranza. Tre avventure del commissario Bordelli”
Recensione di Alberto Ariccio
Giallo psicologico, un po’ minimalista, quasi intimista, molto localista, legato più al racconto degli stati d’animo, dei ricordi, delle percezioni, che alla descrizione delle indagini ed alla ricerca di un colpevole.
Lo schema narrativo non segue la classica sequenza: delitto, ipotesi di inchiesta, sviluppo delle indagini, individuazione sospettati e scoperta del colpevole. Ma si sviluppa attraverso una narrazione più estemporanea in cui il commissario, spinto da curiosità personali e da fatti accidentali, si trova spettatore di situazioni eticamente e legalmente discutibili, di cui prova a ricostruire gli sviluppi e le responsabilità, secondo un codice etico personale, che poco ha a che fare con quello giuridico.
Più che alla ricerca dei colpevoli, sembra di assistere al personale tentativo di comprendere cosa in un determinato momento, in un certo contesto storico, in una qualche comunità sia lecito o illecito, giusto o sbagliato, senza pregiudizi morali o legali, senza inseguire la volontà di giudicare o punire. Così al maldestro borseggiatore spinto dall’ indigenza invece del carcere viene offerta una opportunità lavorativa, mentre la prostituta, conosciuta durante un controllo di polizia, diventa, al di là delle abitudini e delle convenzioni, grande amica della fidanzata del commissario.
I veri delitti, sembra di capire, non sono necessariamente quelli che violano le norme scritte, ma spesso si nascondono in comportamenti apparentemente leciti, legittimi che comunque possono incidere profondamente nella vita delle persone e che la legge non sempre può sanzionare.
Possono essere la delazione o la menzogna, l’ambiguità o l’arroganza, dettate spesso dall’avidità o dalla sete di potere, di cui Bordelli sembra intuire le potenzialità devastanti e a cui prova, come può, ad opporsi.
Il linguaggio è piano, descrittivo, colloquiale, quasi didascalico, che poco concede alla fantasia di chi sta leggendo: Quando durante una inchiesta, per mantenere l’anonimato, decide di cambiare identità, opta per Casini, preoccupandosi di spiegare al lettore, un po’ stupito, che mantenere l’analogia col suo vero nome “è un modo per non dimenticarselo“.
Lo stesso tono probabilmente che lo scrittore usa, dopo cena, nelle serate a casa con gli amici. Una sorta di narrazione orale, in cui ogni azione, pensiero, riflessione, viene descritta con puntigliosa precisione, nel più minuto dettaglio, fino a risultare forse un po’ lenta, ma col pregio di coinvolgere il lettore, fino a farlo calare lentamente in profondità nell’atmosfera fiorentina di cui i racconti sono permeati. Una caratterizzazione, quella fiorentina, che si esprime nella puntigliosa citazione delle strade attraversate, dei quartieri e degli eventi storici, legati in particolare alla guerra partigiana, che li hanno coinvolti e che sembrano essere, nel loro complesso, i veri protagonisti di tutte le vicende. Nel complesso un piccolo mondo di provincia, forse un po’ ottimista, permeato di buoni sentimenti, fondato più sulle speranze, che sulla realtà, di cui Bordelli è incontrastato regista, e in cui, un po’ come in una favola, il lettore si addentra ed attarda volentieri.