Einaudi 2020

Autore: Nicola Lagioia

Nato a Bari nel 1973.
È direttore del salone del libro di Torino.
Nel 2015 ha vinto il Premio Strega col romanzo “ La ferocia”.
uscito alla fine del 2020, questa non-fiction novel è un caso editoriale, opera del vincitore del Premio Strega nel 2015 con La ferocia.

 

Recensione di Silvia Focardi

Ricostruzione di un omicidio.

Il 5 Marzo 2016, un ragazzo Manuel Foffo, in viaggio in macchina col padre per andare al funerale di uno zio, confessa di aver ucciso, insieme a un complice, un ragazzo.
Comincia così una narrazione agghiacciante…
Gli assassini sono due ragazzi apparentemente normali, con famiglie normali. La vittima è Luca Varani, un ragazzo ventitreenne, adottato da piccolo da una coppia normale. Lavora, ha pochi soldi e quelli che guadagna li spende giocando alle macchinette. Ha una ragazza da molti anni, che ama molto, ma per sopperire al continuo bisogno di soldi, si prostituisce.
Gli assassini sono due ragazzi “ di buona famiglia”.
Manuel Foffo è un debole con fantasie di successo, ma inconcludente.
Cova un profondo rancore nei confronti del padre che lo esclude dal lavoro nel ristorante che gestisce insieme all’altro figlio, ma forse ancora di più verso se stesso.
Marco Prato, si sente donna e sogna l’intervento di cambio di sesso.
È una figura molto negativa; ha la capacità di farsi benvolere dalle persone, lavora a contatto con la gente ed è soprattutto un manipolatore.
Marco è cocainomane e riesce sempre a coinvolgere altri ragazzi nell’assunzione di droghe e alcol, per finire poi a indurli a rapporti che non sempre sarebbero stati nei programmi degli interessati,ma che subiscono quasi con indifferenza.
Si consuma così un delitto orrendo… i due assassini si accusano a vicenda, forse non sanno nemmeno loro chi dei due ha fatto cosa.
Sono annichiliti, ma non pentiti. Non sanno perché siano arrivati a tanto…certo la cocaina, ma non basta.
Come sfondo c’è una Roma sporca, amorale,assolutamente vuota di qualsiasi valore.
Il delitto, descritto con precisione, ma senza alcun compiacimento, è orrendo, ma ancora più orrendo è il contorno: una moltitudine di ragazzi miseri, senza ideali, senza aspirazioni. È un mondo agghiacciante che spaventa ancora più della crudeltà gratuita degli assassini.
Marco e Manuel hanno torturato e ucciso, ma l’assassino avrebbe potuto essere uno qualsiasi degli altri amici. Allo stesso modo Luca ha subito una sorte terribile, ma gli altri ragazzi si rendono lucidamente conto che la stessa sorte avrebbe potuto toccare a ognuno di loro. Ne sono scampati per un soffio…
Lagioia ha il grandissimo merito, quello di descrivere situazioni dolorose, squallide, perverse, con grande lucidità, senza alcuna morbosità: è una cronaca puntuale ma non fredda.

Pensando a questi ragazzi si rimpiange la dignità dei “ matti “ di Paolo Milone.

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Recensione di Roberta Osti

se qualcuno pensava che Lagioia sarebbe salito sul pulpito
nel raccontare il terribile ed efferato omicidio di luca varani da parte di 2 giovani  romani di buona famiglia
si sbagliava
lui non giudica ma anzi nel ripercorrere la storia dei due giovani assassini   ed entrando nella loro psiche ripensa ai suoi vent’anni a Bari dove qualcosa di molto grave gli  è successo
il tutto in una roma dove si svolge il fatto in completo disfacimento  … sporca marcia
che però esercita ancora su di lui una forte attrazione e dipendenza
il suo obiettivo penso fosse di farci realmente i “vedere ” questi assassini
se mai pensassimo che sono “mostri ” e che noi non saremo mai cosi ….
una prosa incalzante che ipnotizza il lettore

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Recensione di Giuseppina Filippi

E’ la ricostruzione di un atroce delitto avvenuto a Roma nel 2016, che ha avuto  ampio risalto sui media per la particolare efferatezza e apparente gratuità: un giovane ucciso da due coetanei, al culmine di un crescendo di sevizie. 

Abituati, come lettori, al giallo classico nel quale a reggere l’impianto è la ricerca del movente, “La città dei vivi” spiazza, perché il movente non c’è e non sono state sufficienti le quasi 500 pagine a trovarne uno plausibile. Certo, ci sono il disagio sociale e quello generazionale, le famiglie disfunzionali e disattente, la sessualità incerta, il consumo di droghe… Ma la verità rimane sfuggente anche alle relazioni psichiatriche. C’è anche, e soprattutto, Roma (“ abitata da vivi ma morta”), splendida e decadente, struggente e degradata, ricca e ingovernabile, percorsa in superficie da loschi turisti  e nelle fogne da milioni di topi. Lagioia, mutuando la lezione di T. Capote e di E. Carrère, si avvale di testimonianze, atti giudiziari, interviste, relazioni e ricostruisce quello che è successo in quell’anonimo appartamento del quartiere Collatino.

E’ un caso di cronaca e quindi la fine è nota, ma la lettura è ugualmente molto coinvolgente, si prosegue quasi trattenendo il fiato, forse nella speranza di arrivare a una motivazione, alla rassicurazione che il male può essere spiegato e quindi evitato. Una rassicurazione che non ci sarà. Amare le parole di un poliziotto che segue le indagini: “Il male non è un concetto astratto. Il male è mobile, multiforme, e soprattutto contagioso”.

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Scheda di lettura di Giuseppina Filippi